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“…a volte sei in testa, a volte resti indietro, la corsa e’ lunga e alla fine e’ solo con te stesso”

“…a volte sei in testa, a volte resti indietro,

la corsa e’ lunga e alla fine e’ solo con te stesso”

 

di Daniela Natale – Farmacia Ricciuti – Caserta (CE)

 

Era il 18 Luglio del 2013 quando fuori quell’aula dell’ Università degli studi di Ferrara, chiamata “Acquario”, non credevo si potesse raggiungere un livello di felicità così alto,talmente assurdo per me, che in quegli istanti pensavo:”Questo è davvero il giorno più bello della mia vita”!
Non mi è mai piaciuto studiare, e non mi sono laureata con il massimo dei voti, lo ammetto! Per me non contava quel numero a due cifre: ogni esame superato era “un esame in meno alla laurea”; solo piccoli /grandi ostacoli che, una volta scavalcati, mi avvicinavano sempre di più non al mondo del lavoro ma a quel bancone…il bancone della Farmacia.

Mi chiamo Daniela Natale sono nata e cresciuta a Caserta e faccio parte della quarta generazione di farmacisti nella mia famiglia. Sono praticamente vissuta all’interno di quelle mura e forse proprio per questo non ho mai percepito il lavoro del farmacista come un lavoro, ma una vera e propria passione

Quando ero piccola e i miei tornavano a casa, si continuava a parlare di ciò che era accaduto in farmacia e ricordo, come se fosse ieri, quando mia mamma parlando con mio papà diceva preoccupata:” Nino è venuta la signora X! Chissà se Le ho dato il consiglio giusto, forse era meglio questo? No! Forse andava meglio quest altro…tornerà tra tre giorni per aggiornarmi della situazione. Speriamo sia andato tutto per il meglio!” La sua voce era un misto tra la preoccupazione ed il rammarico di non aver potuto fare qualcosa in più per poter migliorare il suo stato di salute. Ma credetemi, il più delle volte,o forse tutte, non avrebbe potuto fare di meglio.

Crescendo poi, è stato tutto molto chiaro! Per lei non sono semplici clienti o “numeri” che entrano in farmacia…era come se dietro gli occhi di ognuno di loro si celassero gli occhi miei o di mio fratello. E’ così: mia madre ama i suoi clienti.
Poi c’è mio padre: se Sun Tzu ha scritto L’Arte della guerra, lui avrebbe potuto scrivere L’Arte della galenica. Alchimista di grande cultura (diciamo che forse qualche gene l’ho perso per strada), mi ha trasmesso la passione per il laboratorio e la preparazione dei prodotti galenici ripetendomi costantemente: Danina ricordati, la ricchezza non conta quanto tu credi. Quella potranno togliertela, la cultura e l’onestà non potrà togliertela mai nessuno”.

Detto ciò, come ho conosciuto Luca Sartoretto Verna?
Era un freddo pomeriggio d’inverno, quando le porte della mia farmacia furono spalancate da una folata di vento mista a neve e una luce bianca accompagnata da una musica soave, permise al più grande Architetto degli architetti di varcare la soglia della Farmacia Ricciuti!
Scherzo! A Caserta non nevica mai! 😛
Adesso vi dirò come è andata realmente.

La mia farmacia è una farmacia antica, fondata dal mio bis-nonno, il Dottor Filippo Ricciuti nel 1895. Non so se avete presente come erano arredate le farmacie di un tempo: un bancone di marmo e due mobili o forse tre, in castagno.Punto.
Come vi ho spiegato e come avrete potuto capire, i miei genitori fanno ancora parte di quella “vecchia generazione” di farmacisti a cui bastava aprire la saracinesca la mattina ed il gioco era fatto. Purtroppo le cose sono cambiate non poco nel corso di questi anni e avendo l’opportunità di studiare fuori ho conosciuto diverse realtà, distanti anni luce dalla mia e da quel micro-mondo in cui mi sentivo come se fossi in una campana di vetro.

Sono sempre stata molto timida, ho dovuto fare un grande lavoro su me stessa e l’andare a vivere da sola a diciotto anni lontano dalla mia famiglia, soprattutto l’allontanarmi da mia madre che è tutt’ oggi la parte più bella di me, è stata la mia prima grande sfida. Di lì ho capito che forse forse le sfide mi piacevano. Poi è arrivata la laurea e il ritorno all’ovile. Era bellissimo poter finalmente dedicarmi alla mia farmacia,ai miei clienti,mettere in pratica gli insegnamenti di una vita e toccare con mano ciò che mi scorreva nelle vene ma c’era qualcosa che non andava e non capivo cosa fosse.

Erano passati di lì già diversi architetti, mentre ero ancora una studentessa, che avevano provato a mettere mano a quella struttura.

Risultato? Il nulla cosmico! Solo soldi “investiti male” (per non dire buttati!).

Ma non tutti i mali vengono per nuocere e oggi posso dirvi con fermezza che: se avete paura che un professionista vi costi molto, non avete idea di quanto vi possa costare un dilettante!

Mia madre, nonostante l’amore smisurato per quelle mura e quei mobili (Luca può confermare tutto), sapeva dentro di sé che era necessario un cambiamento ma non l’ avrebbe mai ammesso a se stessa. C’è da dire che il periodo non era dei migliori: la crisi in Italia, la gente che spendeva sempre meno e sopratutto avevano appena chiuso la nostra strada, rendendola ZTL e non contenti, lungo tutto il marciapiede e anche davanti la nostra farmacia avevano piazzato delle pedane di legno che rendevano impossibile il parcheggio.

Cosa poteva succedere di peggio? Direi quasi nulla.
E proprio quando tutto sembrava girare storto sapevo che dipendeva solo da noi far girare le cose per il verso giusto. Sapevo che potevo, con un po’ di sforzo, aiutare mia madre a cambiare idea perché ricordate, Sun Tzu docet:” Stare sulla difensiva implica che la forza è insufficiente;mentre l’attaccare indica una sovrabbondanza di energia”;ed io, data la giovane età di energie ne avevo e ne ho abbastanza. Convinta mia madre, lei mi disse:” Va bene, facciamolo! O la va o la spacca ma ad una condizione: solo e solamente se, la Sartoretto Verna è disposta a metterci mano”.

 

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Decidiamo così di chiamare ed una segretaria, dalla voce dolce e rassicurante risponde al telefono e dopo una chiacchierata durata non so quanto, mia madre viene da me e mi dice:” L’Architetto Luca Sartoretto verrà qui da noi settimana prossima!

Non so quale sia stata la mia faccia in quel momento ma vi assicuro che il mio cuore ha iniziato a battere più velocemente. Avevo capito che qualcosa si stava muovendo. Arrivò il giovedì successivo e io mi sentivo come una bambina al suo primo giorno di scuola: emozionata e allo stesso tempo impaurita. Si! Impaurita! Cioè non so se mi spiego?! Stavo davvero per conoscere il Leader di settore degli architetti. Cosa avrebbe pensato di me, di noi…e sopratutto della MIA FARMACIA? Lui che progetta farmacie in tutto il mondo, stava per entrare nel mio di mondo.

Buongiorno, sono l’architetto Luca Sartoretto Verna e lui è il mio collega Massimo!
Non può essere, pensavo. Cioè, lui ma proprio lui è il grande architetto!? Non fraintendete, Luca soprattutto tu lascia che mi spieghi meglio. Io mi aspettavo un uomo molto alto, con le spalle dritte come quelle di una guardia svizzera, il mento all’insù e uno sguardo glaciale. E chi mi ritrovo? Un uomo di altezza nella media, con le spalle dritte il giusto, mento perfettamente parallelo al pavimento, un sorriso che andava da parte a parte e di una
signorilità che persino i re avrebbero abbassato il capo. Poteva tranquillamente essere il ragazzo del supermercato di fronte,che porta l’acqua alla vecchina che abita di fianco la farmacia, per l’umiltà con cui si porgeva.

Sono bastate le prime due battute per buttare fuori tutta l’aria incamerata nelle cinque ore precedenti, iniziare a far arrivare ossigeno ai miei neuroni e pensare:”Cavolo, mi sembra di conoscerlo da una vita. Come è possibile?” Eh si, è possibile e sono sicura che tutti coloro che hanno avuto l’onore di incontrarlo potranno dire lo stesso. Finiti i convenevoli e le presentazioni, siamo arrivati subito al punto, e lì ho ripreso a trattenere il respiro.
Se io vedevo la mia farmacia come un bazar, figuriamoci lui! ”Aiutooooooooooooo, botola apriti e fammi sprofondare nell’entroterra” pensavo.Ci fa alcune domande per capire quali fossero i nostri pensieri (ovviamente i miei e quelli di mia mamma si scontravano come due auto in tangenziale) ,sopratutto quali fossero i nostri obiettivi, e sorride. Quel sorriso trasmetteva sicurezza, tranquillità, serenità e soprattutto equilibrio.
Ero più convinta che mai:con lui ce l’avremmo fatta!

Arriva la notizia che il progetto è pronto. Saremmo dovute andare a Roma qualche giorno più tardi per vederlo e mia madre riprende con le sue paturnie: “ Ma i mobili antichi mica li vuol togliere?.E se spostandoli si rovinano? E se poi non mi piace, si può tornare come prima?” Io in quegli istanti mi sentivo come un palloncino attaccato ad una staccionata: fluttuavo da una parte all’altra, dandole risposte che voleva sentirsi dare.Ci ritrovammo così in Via Trionfale 13592 per firmare il contratto.
Bè che dirvi della sede? Hanno un drago nel giardino. Avrebbero fatto magie anche da me, per forza.
Credo fosse la stessa signorina che ci rispose al telefono la prima volta, la sua voce non tradiva, che ci accolse con una grazia e raffinatezza degne unicamente del luogo in cui ci trovavamo, che ci accompagnò di sopra.
Luca arrivò in un secondo con il suo solito sorriso smagliante, come se fosse appena tornato da una vacanza alle Maldive, e ci fece accomodare.
Prendemmo un caffè e dopo quattro risate per rompere nuovamente il ghiaccio, aprì quel foglio grande quanto la metà del tavolo, e ci mostrò il suo progetto. WOOOOOW.

 

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Se attraverso un foglio, la farmacia appariva un sogno, figurariamoci come sarebbe stata dal vivo. I miei occhi, a mio avviso, luccicavano più di un diamante e le mie ghiandole salivari avevano smesso di svolgere il loro lavoro. Non avevo parole e mia madre meno di me.
Ci fece subito qualche domanda, studiandoci per bene, e non gli servì molto per inquadrarci.
Aveva capito me… ma soprattutto aveva capito mia madre, avevo questo sentore. Non mi ero sbagliata.

Firmammo il contratto e andammo via soddisfatte, o almeno, io sicuro ero felice come una bambina che assaggia per la prima volta lo zucchero filato. Il team di Luca è stato impeccabile sin dal primo momento. Avevano pensato a tutto ma davvero A TUTTO!

I giorni passavano, i lavori si avvicinavano e una certa preoccupazione faceva capolino dentro di me sempre più spesso.
Ho avuto la grande fortuna di avere un nonno, suo padre prima di lui e mia madre poi, con una discreta nomea…iniziavo a sentirne il peso. Mio nonno era ginecologo, socio fondatore di una clinica e ricordato da tutti per un semplice motivo: a qualsiasi ora del giorno e della notte e ricevesse una chiamata, lui si fiondava dai suoi pazienti…con le scarpe slacciate. Perché? Ogni istante per lui era prezioso e non poteva “perdere tempo” ad incrociare i lacci. L’ultimo parto che ha preso ha fatto nascere me; aveva ottantanni ed era quasi cieco già da qualche anno. Non aggiungo altro.
Ovunque andassi sentivo ripetere:” Lei è la figlia della Dr.ssa Ricciuti?” “Lei è la nipote del Dr. Ricciuti?”; trovare lavoro e farsi un nome è difficile, ed io posso solo immaginarlo. Ma vi assicuro che vivere essendo “ la figlia di” o la “nipote di” è qualcosa di inimmaginabile.
Bisogna lavorare sodo e non è detto che si riesca nell’intento.Come si dice!? Ah si! E’ un onere e un onore.

Avevo, nel mio piccolo, una briciola in comune con Luca. Non oso immaginare quante miliardi di volte si sia sentito ripetere le stesse frasi, e lui anche in diverse lingue del mondo!!!!!!
Una cosa però ora è certa: dal 1965 al 2016 la Sartoretto Verna è l’azienda n.1 al mondo e nonostante siano passate tre generazioni, continua ad essere la n.1. Incredibile!

Cosa dire dell’impresa che ha svolto i lavori: bè spaziali!
Salvatore Conte…no, non il personaggio di Gomorra,bensì il titolare dell’impresa, ha condotto il suo lavoro in maniera eccellente. Non avevo mai visto sino ad ora, soprattutto nel sud-Italia, un team di operai così preciso, minuzioso, silenzioso ( solitamente i cantieri sono peggio del mercato del pesce a Mergellina) e rispettoso del lavoro altrui.
Per loro non esistono problemi, unicamente soluzioni.
Il lavoro, da contratto, doveva essere portato a termine in quattordici giorni. Loro lo hanno ultimato in tredici.
Quando sono andati via, hanno portato con sé un pezzo di cuore della mia nuova farmacia.

Il giorno prima dell’apertura, poco prima di andare a dormire, mi preparo i vestiti sulla poltrona. Non lo faccio mai, quello di pensare a cosa mettermi il giorno prima per quello dopo, ma volevo essere elegante, in perfetta sincronia con tutto ciò che mi circondava.

La sveglia suona alle 6:50. Non potevo permettermi neanche un secondo di ritardo, proprio quel giorno,no.
Come ogni mattina, faccio colazione, una doccia per riprendermi il prima possibile, mi vesto e schizzo fuori.
Disattivo l’allarme, entro e spingo in alto l’interruttore. In un secondo era tutto illuminato a giorno, come se i raggi del sole avessero deciso di concentrarsi solo lì e dentro di me si fece strada un arcobaleno di emozioni. Era tutto in perfetto equilibrio ed armonia, nessun elemento che avesse preso il sopravvento sull altro. Superlativo.

I primi clienti iniziano a varcare la soglia, ed alcuni entrando, di riflesso escono e alzano la testa, rivolti alla croce luminosa, per capire se avessero sbagliato posto. Tra i tantissimi complimenti ricevuti, tra cui:” Dottoressa è bellissima questa farmacia, è diventata la più bella di Caserta!” o del tipo:” Non sembra di stare a Caserta, è talmente elegante che sembra di essere entrati in una farmacia di Milano o di Roma”, uno mi ha
colpita particolarmente. Un cliente entra e anziché venire dritto verso il bancone inizia a guardarsi intorno avanzando pian piano. Io lo osservo, senza chiedergli se avesse bisogno del mio aiuto.
Giunto al bancone si dirige verso mio padre, sorride e comincia: “Dottore, complimenti! E’ tutto davvero fin troppo bello. Questi mobili trasparenti poi, sono simbolo della vostra trasparenza anche interiore…il che, non è poco!
Sono lusinghe che non hanno un prezzo, e mio padre aveva ragione.

Voglio concludere con una frase, tratta dal monologo finale di un film, che mi colpì molto e che vorrei condividere con voi, se non altro per ringraziarvi del tempo che avete dedicato nel leggere questo racconto.

Il monologo termina cosi:
“ Non congratularti troppo con te stesso, ma non rimproverarti neanche. Le tue scelte sono scommesse, come quelle di chiunque altro.”

Infinitamente grata,
D.ssa Daniela Natale – Farmacia Ricciuti – Caserta (CE)